DOCUMENTAZIONE

opera  di  kalinski

Opera  di  Witold  Kalinski

L'ARTE   MODERNA  E  IL  PROBLEMA  DELLA  VERIFICA

La  pittura,avendo  superato le  fasi-soluzioni dell'illusionismo,della  metafora e della  direttrice  metonimica,si  avvia  a configurare  sempre  più una  spiccata  sua  base  verificale,avvalendosi della  sua memoria  storica per  un'investigazione delle  peculiarità scisse  dell'io  portato a  commisurarsi  verificalmente con le  datità del  nostro "conscio culturale  collettivo" per  una ridefinizione della  sua  vera  condizione esistenziale (identità  sovrapersonale) in  contrapposizione  al senso  intricato del  labirinto e  dei  non sensi che  lacerano la  sua  anima.Niente  ormai sembra  sfuggire all'urgenza  e  bisogno che  attivano  i  processi di  una  possibile  ritotalizzazione  dell'io  di  fronte ad  una  esasperata "disinunctio"  della  sua  anima che si  aliena  sempre  di  più.Qualsiasi  estrinsecazione delle  modalità  dell'arte sembra,in  modo  chiaro  o  latente,partecipare  ed  ubbidire ad  un  intento  "verificale". Dietro questa  nuova  consapevolezza c'è  invero  tutto il  lavoro  di  molti  artisti  delle  avanguardie  storiche sul  fronte  dell'analiticità  del  fatto  artistico; c'è  lo  scollamento  "verificato" tra  la  denominazione  visiva  e  quella  linguistica,tra  l'organizzazione  mentale delle  unità  elementari del  fatto  pittorico e  la  consapevolezza  accordata  alla  "struttura",come  risultato e  valore  inedito  dell'opera  artistica.E'  giunto  il  momento  del  passaggio  quindi  dalla  riflessività  analitica,giocata  sulle  unità  linguistiche  elementari,all'utilizzazione  della  capacità  "verificale",assunta  in  senso  intuitivo  ed  espressivo,della  coscienza  umana  per  un'indagine  della  sua  condizione  sovrapersonale  esistenziale,portando  alla  commisurazione  le  sue  peculiarità  soggettive  scisse  alle  datità  referenziali  del  nostro  "conscio  culturale"  nel  senso  postulatorio  di  un'autointerrogazione  meditativa  e  metafisica .

L’immagine artistica, allora, si offre come il risultato acquisito di un tale atto intuitivo-verificale che libera nuove consapevolezze e svelamenti oggettivi. Che riguardano la nostra vera essenza spirituale.Per tali ragioni,la Mail Art,come esteriorizzazione di un’espressività candida che sfugge ai condizionamenti degli apriorismi teorici che guidano mode e correnti contemporanee,che sanno di un andazzo che punta ad un riciclaggio del “dejà vu” in funzione ludico-nichilistica straniante,annota a suo merito e fedelmente con lo spirito del nostro precario tempo i segni,le immagini e le concrezioni espressive di un assetto dichiaratamente verificale nella sua denotazione assoluta della realtà.Ora se la volontà del Potere sarà perdurante ad accordare la preferenza ad una pseudo arte frivola da commercializzare come un effimero bene di consumo,l’arte stessa non può attingere ad esperienze veramente vitali,ma sarà costretta a subire incessantemente condizionamenti estetizzanti calati dall’alto.E’ già stata prospettata una modalità per sfuggire a tale pericolo,solo che lo stesso Potere per intrinseche ragioni non può adottarla.Scrive infatti Guido Montana :

“ A patto,però, che si riconosca anche la legittimità della verifica del procedimento critico.Si deve cioè far storia artistica (e critica) attraverso la possibilità di uno scontro ,sulle metodologie e le ipotesi,e non già e non più come avviene oggi (e non solo oggi) a livello di potere e di astuzia intellettuale.Avremmo altrimenti nella storia solo l’arte manovrata e voluta dal potere e solo quella critica che ottiene il potere di riconoscere l’arte”.

Perché :

“Far critica è cogliere un possibile passaggio tra l’interdeterminazione artistica ologia del linguaggio critico.Far critica non significa andare a una festa dell’assurdo,ma capire razionalmente perché anche l’assurdo ha nell’arte una capacità di essere significante.Vuol dire avere presenza laddove il grumo di indeterminazione si scioglie ed è possibile fruirlo.Vuol dire infine esser garanti di una intelligenza specifica,capace di pervenire alla coscienza estetica e alla società.

Critico moderno è quindi colui che pone un’istanza problematica (un modo di essere, di vedere,di far cultura) nell’interpretazione,nel consenso e/o nel dissenso nei confronti dell’ambiguità artistica.L’incontro artista-critico è quindi un modo non tanto di collaborare ma di scontrarsi felicemente sul piano del linguaggio,rispettando ciascuno il proprio livello,di creazione-ambiguità-esperienza (quello dell’artista) e di razionalità-intuizione (quello del critico)”.

L'altra modalità è stata adottata dalla pittura segnica e gestuale,invertendo il processo elaborativo dell'opera.Invece del pre-darsi del significato che anticipa il concretarsi del segno,si ha un segno che si pone prima di qualsivoglia significato cui darà luogo l'opera.Il "denotatum" (per dirla con il Morris) è precorso dal segno che,a sua volta,possiede sempre un suo significato.Ciò viene anche affermato da Nello Ponente )Il risultato pittorico nasce in un processo controllabile con i mezzi che l'artista usa:per lui,l'immagine coincide con la materia non successivamente ma al momento preciso in cui la materia la modella;l'immagine e la dimensione non sono più definiti dallo schema tradizionale di forma e di composizione,ma dalla materia stessa.L'immagine si identifica così nel colore e nelle stratificazioni,perde la sua definizione orizzontale o verticale grazie al suo ritmo che è un ritmo organico e non ha dunque più bisogno di una indicazione di direzione".Ora se la forma è il risultato a cui si deve pervenire al termine del processo, questo non può partire da una forma data,da un prestabilito significato della linea,del volume,del tono secondo l' Argan.Ne risulta che il fatto artistico, nel mentre diviene e si svolge,è verificato di continuo dai medesimi strumenti impiegati e dai suoi primari elementi costitutivi.Allora,siamo al concetto di opera come "progetto",formulato dall'Argan.L'arte diventa così progetto che si autoverifica.Ed è lo stesso studioso ad affermarlo:"L'arte giunge così ,se non ad identificarsi,a situarsi sullo stesso piano della scienza moderna",poiché più avanti (p. 100)  afferma  che  il  problema"si  riduce  allora  alla  relazione  tra  uno  schema dato (la  Natura),e  che non  può  esprimersi che  in  termini  di  storia,e  un  fare  o  un  agire (l'arte) che  può  condurre a  una  modificazione anche  radicale di  quello  schema".Se  il  problema è  posto  in  siffatto  modo  per  ciò  che riguarda  i  rapporti tra  la  vita  e  l'arte,il  vedere  o  percepire  che  implica un "processo  controllabile nelle  sue  fasi" diventa  un  fare  che  a sua  volta  richiede " un  accertamento della  situazione  spaziale in cui  deve  attuarsi".In tale  accezione, l'arte  si  pone  come  una  esperienza  verificabile,in  quanto il  fare  presuppone  l'abiura  di  uno  spazio  come  "struttura  fissa" e  la  sua  funzione  si  pone  come  un  "insieme  di  funzioni".Il  critico  così  si  spinge  fino  all'affermazione  di  un  fare  come  progetto  che  scalza  tutti  gli  apriorismi e,nel mentre  si evolve,diventa  esercizio  autoverificativo  delle  sue  fasi: "posso  ammettere  che  l'esperienza  non  sia  data  a  priori e  che  io  debba  costruirla  attraverso  un  processo  d'indagine che  non  si  compie  senza  un  atto  di  volontà:il  quale,a  sua  volta, è   già  un  fare  o  almeno  un'intenzione,un  progetto di  fare"(p. 101).Formulate  così  le  premesse,l'opera  viene  destituita  da  qualsiasi  funzione  rappresentativa,emotivo/sentimentale e  da  qualsiasi  intento  persuasivo:vuole  soltanto dimostrare. Che  cosa?  Ma  l'ipotesi che  ha  messo  in  moto  il  concretizzarsi  dello  stesso  progetto.Il  torto  del  critico  non sfugge   a  quello  di  aver  ridotto  l'arte  ad  operazione  matematica che  si  basa sulla  verificabilità delle  medesime  fasi del  suo  processo  accertativo-dimostrativo.Qui,il grado  della  verificabilità viene  affidato  e  riconosciuto nella  sua  massima  estensione agli  elementi  primari della  strutturazione  dell'opera,senza volere  con  ciò  misconoscere l'importanza  dell'artista che  controlla e  si  fa interprete  neutrale ed  obiettivo delle  risultanze che  emergono dallo  stesso  processo.

Tant'é che  il  tàpies riconosce  la  possibilità  di  accordare una più estesa autonomia verificatoria all'artista alle prese con le  leggi  -interne ed  esterne- dell'opera:

"L'opera è  frutto di  una  lenta  gestazione dell'artista.Prende per così dire  l'abitudine di  pensare e  di  reagire  per  mezzo  di  immagini che  poi in  modo quasi  inconscio,si  decantano,si  imprimono o  si  cancellano.Ma  quando  crediamo,di  potere di  punto  in  bianco,lavorare su  di  una  determinata  idea,ci  accorgiamo che anche  l'opera comanda,perché  ha  le  sue  leggi -interne  ed  esterne- di  sviluppo.Si  ribella,e  ci  impone le  sue  condizioni come  dei  personaggi di  Pirandello.Come  ovunque vi  sia  vita,si  svolge un  dialogo tra  l'autore e  la  materia della  sua  opera.All'inizio lo  scopo non è  sempre  chiaro:"il  cammino  si  forma sotto  i  passi" .

Gli  esempi che  adduce l'Argan  sono  moltissimi e  sono  rinvenibili nelle  sue  opere,riguardanti le  operazioni di  molti artisti  moderni.A  proposito del Mondrian ha modo  di  scrivere: "Tutti  i  quadri  di  Mondrian  si  fondano sulla  ricerca di  una  equivalenza quantitativa tra  elementi qualitativamente diversi o, inversamente,di  un'equivalenza  qualitativa tra  quantità  diverse" .

E  poiché "Nulla è  dato in sé,tutto  per  relazione.E  le  relazioni si  determinano nel  corso dell'esperienza "vissuta" della  pittura" a  proposito  di  Giorgio  Morandi  scrive:

"La  ricerca  di  Morandi,muovendo  da  uno  spazio  teorico di  cui  si  vuole  verificare  la  possibilità  di  esistenza,muove dalla  prospettiva  cubica e  vuota  della  Metafisica di  De  Chirico.Si  badi  però:la  pittura  di  Morandi non è evasione  nella,ma  dalla  metafisica:per  questo,nonostante  le  tangenze  evidenti,il  suo  percorso,tra  il 1916 e  il  '20,è  opposto  a  quello  di  Carrà,che  si  rifugiava  nella  immobilità metafisica. fuggendo  dal  dinamismo futurista.Obbiettivamente la  pittura  di  Morandi è  la distruzione  metodica della  prospettiva  fondata sulla  geometria  euclidea,cioè  dalla  concezione dello  spazio su  cui  si  fondava,da  Giotto  in  poi,la  famosa << tradizione  italiana>> che  si  voleva  universale ed  eterna.E'  vero  che  la  prospettiva  classica l'aveva  già  negata De Chirico ponendola come  significante  della  nullità o  del  vuoto invece che  della  realtà; ma  il  processo  distruttivo di  Morandi è,al  tempo  stesso, costruttivo perché  non  soltanto  dimostra  la  sopravvivenza  dello  spazio oltre  la  prospettiva ma  prova come  soltanto al  di  là dell'astrazione  prospettica  lo  spazio  della  coscienza si  dia come  realtà  concreta,esistente (...)  La  linea  non  è il  limite  delle  cose  ma  il  confine e  la  mediazione tra  volumi  tonali  comunicanti;il  volume  non  è  rilievo  ottenuto  col  chiaroscuro ma  calibrata  distanza  tra  piani  colorati;il  tono non  è  incidenza  di  luce  ma  ragguaglio  o  proporzione di  quantità  e  qualità" .

A   proposito  poi  delle  operazioni  condotte  da  J. Albers  scrive:

"Muove  da  un'ipotesi  spaziale  a  priori,il  quadrato,assunto  come  forma  simbolica  dello  spazio.Non  si  tratta  tuttavia di  una  simbologia  cosmica,relativa  ad  una metafisica  dello  spazio:il  quadrato,per  Albers, è  forma  simbolica nel  senso  attribuito a  questo  termine  da  Cassirer nella  sua Filosofia  delle forme  simboliche (1923) ed  applicato  alla  prospettiva  da  E. Panofsky (La prospettiva come  forma  simbolica,1924).Il  simbolo,cioè,non  ha  un  carattere  sostanziale,ma  funzionale:è  bensì  l'espressione  di  un  mito  che  si  forma  nella  psiche  umana e  quindi  serve  al  pensiero,ma  il  pensiero  stesso,col  suo  processo,lo  verifica e,verificandolo,lo <<demitizza>>. (...)  Si  ha  così  un  processo all'interno  dell'immagine  immobile:le  superfici  piatte  sviluppano  un  volume,e  non  soltanto  dal  quadrato  si  passa  al  cubo,ma  il  cubo  stesso  è  leggibile  come  cavità  e  come  volume.Il  processo  di  dosaggio  e  ragguaglio  delle  quantità-qualità  coloristiche  si  qualifica  come  un  processo  razionale  all'interno  della  forma  simbolica,che  cessa  di  esser  tale  in  quanto  viene  verificata:si  tratta  dunque di  un  processo  più  psicologico  che  astrattamente  matematico,e  lo  prova  lo  sviluppo  imprevedibile  che  la  geometria  di  Albers  ha  avuto  nella  spazialità  espansiva e  puramente  cromatica  di uno  dei  maggiori  maestri  dell' Informale  americano,M. Rothko" .


RIDUZIONE   E  SINTESI  DI  ALCUNE  PAGINE  FACENTI  PARTE  DEL VOLUME  DAL  TITOLO    "LA   VERIFICA  NELL'ARTE  FIGURATIVA  CONTEMPORANEA  ED  ALTRI  SAGGI".

copertina del libro

E' stato pubblicato, nel mese di settembre 2001, dalle Edizioni PHASAR di Firenze  il volume di   Andrea Bonanno  dal titolo " La verifica nell'arte figurativa contemporanea ed altri saggi", pp. 142,  f.to 13X20, copertina a colori,  L. 25000 .

Il libro è un "excursus" basato sulla ricerca delle varie modalità e significati assunti dalla presenza della verifica nell'ambito dell'arte figurativa moderna e contemporanea.Nel saggio principale sono analizzate ampiamente le teorie dell'Argan e del Menna come unilaterali, limitative e fuorvianti del concetto di "verifica".Mentre, negli altri saggi, l'autore esamina altre teorie estetiche, autori e manifestazioni artistiche varie con l'occhio attento alla formulazione della sua ipotesi esegetica della "verifica trascendentale".

DALL' INDICE: - L'arte moderna e il problema della verifica - La critica "totalitaria ,l'identità dell'arte e dell'io - L'arte come specchio di Narciso - I pittori dall'immaginario perturbato ed un critico della pittura che corre... - La scultura a Spoleto:"Arie" concettuali stanche e punti di vista manierati - L'arte sulla "soglia" - La Trash Arte e tante grazie -" Minimalia" di Achille Bonito Oliva:una linea dell'arte come progettualità "mentalistica" ed astratta - "Tiresia delle sette stanze di Demetrio Paparoni: una ricognizione sui valori della vita e dell'arte - I rituali espressivi del corpo - Sergio Floriani e la metonimica ricerca dell'identità - I "clic" dell'occhio impassibile ( Mostra a Rivoli: "Sguardo di Medusa") - La  48° Biennale di Venezia - L'arte "andante" non va restaurata,parola di Bonito Oliva - L'arte di Lucian Freud - bibliografia generale.

Sul  volume  hanno già scritto:

 

ANDREA BONANNO SMITIZZA E METTE A NUDO I LUOGHI COMUNI E L’AUTOREVOLEZZA DI NUMEROSI CRITICI

NON E’ VERO CHE SIAMO TUTTI ARTISTI

L’ IMBECILLIMENTO ESTETICO VIOLA ANCHE I CONFINI DELLA DECENZA

                                                                                         Di   GIOVANNI  DE    NOIA

 

E’ uscito in questi giorni per la Phasar edizioni di Firenze il volume: "La verifica nell’arte figurativa contemporanea ed altri saggi" di Andrea Bonanno. Un’ autentica bomba nel mondo dell’arte visiva che farà discutere non poco nei prossimi anni.

Il saggio analizza e demitizza con prove convincenti tutti i credi dei critici militanti e storici dell’arte degli ultimi cinquant’anni (si salvano solo in pochi), contrapponendo alle loro tesi menzognere ed incongruenti (una spallata propiziatoria finalmente) un nuovo metodo ermeneutico per capire creatività ed essenza dell’arte.

Un’analisi (una verifica trascendentale) cristallina e convincente che tutti, esperti e non d’arte visiva dovrebbero… verificare. A salvarsi sono solo pochi artisti e critici che però con le loro storiche testimonianze danno pienamente ragione a questo pensiero-forte rispetto alla debolezza del pensiero-debole che oppone allo Spirituale – il tecnologico – linguistico – strutturalistico – filosofico – antropologico e chi ne ha più ne metta.

Le linee emergenti di questo bailamme contemporaneo è vero si reggono sull’intelligenza e scientificità, che sono però delle convenzioni sovrastrutturali che non reggono ad una verifica approfondita su ciò che fenomenologicamente avviene nell’esecuzione di un manufatto artistico. Bonanno dichiara a chiare lettere che l’opera d’arte in una verifica trascendentale rivela che racchiusa in opera estetica ci sono sia la soggettività che l’oggettività; in cui non l’io egoistico ma è l’io sovrapersonale (conscio culturale) che lavora in quell’ hic et nunc in un candore di purezza e verità,in modo a-razionale,per il benessere spirituale di tutti: l’equazione finale della comunicazione è che l’io si identifica con l’ Altro e diventa Noi e a sostegno identifica quei valori trascendentali nella pittura di Lucian Freud un postulato metafisico che nasce non per incanto ma da attente riflessioni che il nostro da anni pone al pianeta cultura.

Rileggendo dapprima il passato sulle forme simboliche negli scritti di Giulio Carlo Argan ed Erwin Panosky nelle fasi e funzioni strutturanti proposte anche da Filiberto Menna che affidava invece il significato simbolico alla tautologia più che ai segni e rispecchiamenti analogici con la realtà, un’ arte presentativa e non espressiva un’arte senza sentimenti, questa tesi era anche del Migliorini, secondo la quale l’arte comunica se stessa, comunica semplicemente il comunicare. I conti invece, sostiene Bonanno, bisogna farli con l’io e il contingente. Questa polarità dell’arte registra i segni laceranti dell’uomo rispetto a una società crudele nella sua attività, ed attraverso la visione emerge quel quid che ne è l’essenza: che cosa comunica,per esempio, L’autoritratto con l’orecchio tagliato di Vincent Van Gogh se non l’io scisso dalla realtà? Quindi la solitudine e l’annichilimento che appartengono a tutti gli uomini… (concetto universale).

L’autore non risparmia critiche né a Calvesi né ad Argan, critici totalitari la cui forza proveniva dai partiti politici d’appartenenza e che hanno con il loro credo nichilista contribuito a foraggiare la pseudo arte. A sostegno di questa tesi cita Giorgio Di Genova e Ferdinando Bologna ( entrambi fuori dal giro ) e definendo comiche le teorie di Meneghelli e Grazioli. Una attenzione particolare la dedica ad Achille Bonito Oliva teorico della transavanguardia per la mostra di sculture a Spoleto Alle fonti del Clitumno e lo fa riportando ciò che in proposito dice Vittorio Sgarbi: " Queste opere sono delle manifestazioni di pigrizia mentale, o di assenza della mente e, cioè artisti che beneficiano del fatto che qualcuno, forse non più acuto di loro, attribuisce rilievo a ciò che fanno… e fintanto che qualcuno li sostiene c’è un pubblico che è costretto a vederle…" e segnalando anche il tempo attuale come tempo di imbecillimento estetico

Per la sfrontatezza di decidere quale sarà l’arte del futuro da parte della Vescovo. Elenca poi tutta una serie di forzature di Renato Barilli e di Harold Szeeman e ne demolisce tutte le impalcature che vogliono definire l’arte linguaggio e metalinguaggio stricto sensu e non si ferma qui! Bacchetta anche Lea Vergine sulla mostra Trash-Art al Museo di Trento e Rovereto di quella campionatura di oggetti-rifiuto, che non è altro che un riciclaggio della Funk-Art della Junk-Art e dei Nouveaux – Realistes degli anni Sessanta.

Questa nuova moda denominata Wave , che si traduce in "cultura spazzatura", presenta scimmiottando tutto ciò che era stato già detto dalla Pop-Art. C’è ancora dell’altro su Achille Bonito Oliva che aveva teorizzato il ritorno della pittura ,che alla lunga, oltre alla contraddizioni di fondo (attingere a tutti i linguaggi precedenti) "puntava" solo al mercato.

Fu un’operazione di marketing voluta da Mannoli, Amelio e De Simone (noti mercanti d’arte).Il critico salernitano anche in altre occasioni non ha dato segnali evolutivi per l’arte, anzi molte contraddizioni. Un esempio: le sue critiche alla Computer arte e Video arte. Gli "interessi" allora erano solo per la transavanguardia, oggi gli obiettivi sono puntati tutti sull’arte virtuale. E non poteva mancare nell’analisi la quarantottesima Biennale di Venezia dal titolo d’ "APERtutto" curata – per modo di dire – dallo svizzero Harold Szeeman, secondo il quale, siccome non si può definire cosa sia arte, tutto è arte!

Evviva,finalmente in questa globalizzazione siamo diventati tutti artisti!

 


LA "VERIFICA TRASCENDENTALE",

UN IMPEGNO RADICALE IN DIFESA DELL'ARTE

 

Andrea Bonanno è autore scomodo, nel campo della teoria dell’arte, perché radicale. Da tempo, nel sistema della critica, tutto pare ammissibile fuorché mantenere ancora il carattere dialettico-negativo dell’esercizio critico stesso ovvero, quel suo consistere nell’impegno determinato a negare la negazione dell’arte, operata dal primato di un potere globalizzante e globalitario, pronto subito a convertirsi in nichilismo culturale, anima del consumo e dello scatenamento produttivistico in cui ha finito per implodere annichilendosi, appunto l’anima dell’Occidente e con essa forse dell’umanità tutta intera.

Impegno radicale, quello di Andrea Bonanno, perché lavora ad opporsi alla radicalità di questo nichilismo che celebra i suoi fasti nel dominio attuale d’una cultura ridotta a simulacro di se stessa.La verifica nell’arte figurativa contemporanea ed altri saggi (Phasar Edizioni, Firenze 2001) esito più recente della sua attività letteraria, dimostra la legittimità del nostro asserto: Andrea Bonanno è un raro esempio di artista e scrittore impegnato a contrastare la corrente impetuosa di un tempo senza orizzonti con la semplice opposizione di un suo tempo interiore, raro esempio di individualità critica e creativa.

Egli torna, in questo suo ultimo libro, sui temi dell’arte figurativa contemporanea adoperando, con cura estrema, i sensibilissimi strumenti, da sé fabbricati e messi a punto della nuova ipotesi esegetica della "verifica trascendentale", grazie alla quale l’arte ridiviene emergenza espressiva d’una soggettività piena, ricca di contenuto oggettivo, atto verificale dell’anima nei confronti del reale.

Il suo metodo si propone come rinnovata via verso la riacquisizione di un senso progettuale-umanistico dell’arte.

In essa ciò che avviene è quanto di più essenziale possa fare lo spirito: operare il proprio autodisvelamento attraverso la verifica d’una presa di coscienza nel modo di commisurarsi sovrasensibilmente al mondo e di commisurare sovrasensibilmente il mondo a sé. Espressione di spiritualità cosciente dell’alterità a cui rimanda la sua costituzione medesima, l’arte conduce l’io alla più impietosa, lucida, obbiettiva conoscenza di sé, fin dentro alle radici del suo desiderio più profondo disconosciuto e rimosso: ricongiungersi all’unità infinita del tutto. Ciò esattamente al contrario dell’"arte come specchio di Narciso", condizione alla quale non pochi critici pretendono di schiacciare l’artista contemporaneo, da Bonanno denunciato sulla scorta di posizioni quali per esempio, quella di Franco Solmi e di Gerardo Pedicini, che riducono l’arte "al balbettio di un io irreversibilmente separato e distante dall’altro (…) monade di disperazione, angoscia, fruizione assimilativa autoconsumatrice delle proprie scissioni e dei propri farfugliamenti ideologici".

Così non si esce dal circolo vizioso dello psicologismo soggettivistico e invece, propriamente, l’arte è uno specchio magico che assorbe e disperde i malefici riflessi del sortilegio solipsistico da cui siamo rimasti abbacinati.

Scrive Andrea Bonanno, "diversa cosa è allora il porre l’io soggettivo nella condizione che possa permettere la commisurazione di una o più delle sue caratterizzazioni volubili ed unilaterali con il "conscio culturale collettivo" per la determinazione verificale della stessa/stesse in senso oggettivo secondo le formulazioni della nostra ipotesi teorica".

Cosa ancora più diversa, da denunciare con maggiore forza e radicalità, Bonanno ci mostra essere stata una certa estetica della contaminazione "anarchica" all’insegna della globalizzazione, nel suo saggio dedicato alla "48ª Biennale di Venezia (un baraccone colorato per art makers ed esteti della videoarte)" ispirata dal suo nuovo direttore Harald Szeemann.

"Il critico (…) sembra perseguire la scissione completa dell’uomo, mettendolo al crocevia di un imperversare di molteplici bombardamenti di stimoli sensoriali teatralizzati al massimo grado, combinando codici linguistici diversi".

Qui, con evidenza spettacolare, l’arte ha ceduto il primato culturale della sua potenza emozionale, immaginativa, mito-poietica ai processi compulsivi di riproduzione "anarchica" dell’immaginario collettivo scatenati ad opera d’una tecnologia efficace nel perseguire la continua disarticolazione linguistico-espressiva di identità fluidificate in un caos di derive percettivo-sensoriali, multiple e plurime, con effetto di seduzione, diversione/divertissement, straniamento facilmente scambiabile, da parte del fruitore, per un senso di decondizionamento libero da qualsiasi principio di realtà. In realtà "qui, l’immane disarticolazione linguistico-espressiva è tesa al fine di ingenerare stordimento e schisi: asfissia delle capacità percettive e perdita del senso della possibilità conoscitiva".

L’anarchia del potere, operazionalizzatasi in tecnologia, rende libero l’uomo distruggendone scientificamente la soggettività umana: il potere dell’anarchia nell’arte come nella vita sarebbe cosa ben diversa, tutt’altra cosa.

"A bella posta, è fatta fuori la pittura, ossia il problema della forma e del contenuto" nota Andrea Bonanno e infine osserva: "questi simulacri di artisti declinano il nostro tempo tecnologico e cibernetico in modo ludico alla ricerca di una immagine stupefacente ed insolita. Finiscono, invece, con il navigare nel kitsch più stereotipato (…) quale incarnazione negativa di tutti gli estetismi contemporanei, assunto come una maschera per assecondare i giochi alteranti del potere tecnologico, per nascondere il grande vuoto dei valori e, soprattutto quello dell’anima dell’uomo".

La "verifica trascendentale" di Andrea Bonanno si presenta, allora, come la sua teorizzazione di una strategia critica di contropotere e, dunque, di contro-cultura che scatta ogni volta che ci si confronta con il potere e la cultura dominante. Accade allora di strappare la maschera a questo grande vuoto e ciò succede sempre, puntualmente, a tutti i veri spiriti liberi, artisti, scrittori, poeti, critici che hanno il coraggio di misurarsi in tale verifica, senza infingimenti e fino in fondo.

Si leggano fra gli altri i saggi su "Tiresia delle sette stanze" di Demetrio Paparoni e sulla pittura di Lucian Freud. Sentiremo vibrare la scrittura di Andrea Bonanno all’unisono con la tensione fortissima e nobilissima che sale dall’intensità drammatica della ricerca esperita, al vivo, dai soggetti scelti per esemplare quel che, troppo modestamente, l’autore definisce una metodologia ma che è molto di più: la forma che assume un impegno radiale in difesa della poesia e dell’arte.

In un saggio polemico rivolto contro una polemica "ironica ed in fondo nichilistica" smaccatamente, stroncatoria nei riguardi dell’arte contemporanea, proposta da quel geniale mistificatore cinico che è Bonito Oliva, Bonanno conclude, quasi ricordando a se stesso, oltre che al lettore, il senso ultimo di una lotta culturale che accomuna tutti coloro che stanno dalla parte dell’umanità umiliata e della vita offesa: "è bene, comunque, che continui e sia operante la volontà di esorcizzare siffatti critici estetizzanti e similari artisti extra-artistici, che conducono avventure di fumo e di oblio sui veri problemi che travagliano una società al colmo del suo sfascio ideologico e morale, e si inizi a considerare finalmente l’arte uno strumento intuitivo-verificale dell’uomo nei riguardi della vita e, soprattutto, dei segni alteranti che sempre più continuano a disumanizzare la sua coscienza e la sua libertà".

 

Beniamino Vizzini  

 


TESTIMONIANZE:

 

"...grazie per il suo libro. Molto approvato. Puntuale, colta, intelligente la Sua recensione di Tiresia ."

                       Demetrio  Paparoni - Critico  d'arte  e saggista

" Quello che posso osservare, dopo la rapida visione del volumetto, è che ha

abbastanza ben riassunto il mio pensiero sulla    Narciso arte ".

      Prof. Giorgio Di Genova - Storico dell'arte e saggista

" Ho molto apprezzato il tuo sforzo per riportare l' Arte con la maiuscola dentro corretti  binari esegetici ed interpretativi con risultati accattivanti e lumeggianti nella tenebra quotidiana alla quale siamo costretti..."

Prof. Antonio De Marchi - Gherini - Critico letterario,  poeta e artista .

"Posso solo dirLe d'aver molto afferrato la passione e il  rigore che traspaiono con  evidenza dalle Sue argomentazioni".

       Prof. Vittoriano Esposito - Critico  letterario e saggista.


Stralci da saggi  pubblicati ed inediti :

"Bonanno esprime in questo ampio lavoro quella che è ormai la sua linea  esegetica, pertinente alla "verifica trascendentale"   e se   ne avvale   per la lettura delle  opere d'arte, questa volta, con   un anelito riflessivo-verificale che tende a fondare l'unità psicologica e trascendentale (nel significato di sovrapersonale), propria dell'anima".


(...)  " Bonanno da  filosofo autentico e da critico privilegiato  tenta  una   valutazione complessa con un linguaggio di forte impatto narrativo e scopre nell'arte una  sorta di energia positiva che riscatta il processo tecnologico"(...)


"E' un libro di agevole lettura, di innegabili e verificate verità  che vertono sull'essenza dell'arte e sulla sua forza di promozione e investigazione della fisionomia spirituale dell'uomo in opposizione a i segni letali e deformanti promozionati da un certo apparato massmediatico e  tecnologico   imperante,   teso ad alienare l'uomo".


Maria Grazia  Lenisa - Poetessa, critico letterario e   saggista

" ... questa Verifica  nell'arte figurativa contemporanea ed altri saggi   ci  sembra assai più esplicita circa la filosofia bonanniana in tale campo" (...)      "L'arte  è stata svuotata non soltanto dei suoi contenuti, ma anche   delle  sue    prerogative educative e " la metodologia della "verifica"  "  bonanniana mira  a correggere  i   guasti..."


"Noi condividiamo totalmente la  posizione di   Bonanno, i suoi tentativi    di riportare l'arte moderna  su un piano  di concretezza e di interiorità vere; un'arte che non sia,insomma, la sagra degli assurdi, del vuoto, del velleitarismo, della provocazione a tutti i costi, della crassa ignoranza, della totale mistificazione".

                               Domenico Defelice - Poeta e saggista .

"Da tempo, nel sistema della critica, tutto pare ammissibile fuorché mantenere ancora il carattere dialettico-negativo dell'esercizio critico stesso ovvero, quel suo consistere nell'impegno determinato a negare la negazione dell'arte, operata dal primato di un potere globalizzante e globalitario, pronto subito a convertirsi in nichilismo culturale, anima del consumo e dello scatenamento produttivistico in cui ha finito per implodere annichilendosi, appunto l'anima dell' Occidente e con essa forse dell'umanità tutta intera. Impegno radicale, quello di Andrea Bonanno, perché lavora ad opporsi alla radicalità di questo nichilismo che celebra i suoi fasti nel dominio attuale d'una cultura ridotta a  simulacro di  se stessa" (...)

"Egli torna in questo suo ultimo libro, sui temi dell'arte figurativa contemporanea

adoperando, con cura estrema, i sensibilissimi strumenti, da sé fabbricati e messi

a punto della nuova ipotesi esegetica della "verifica trascendentale", grazie alla

quale l'arte ridiviene emergenza espressiva d'una soggettività piena, ricca di

contenuto oggettivo,atto verificale dell'anima nei confronti del reale".

                     Beniamino Vizzini - Critico d'arte e di letteratura

 


                      NO AL   MOBBING !
                                                                          a  cura di  Alberto  Sandron
Una nazione democratica non può tollerare più  la spudorata pratica del mobbing
perché razzistica  e disumana secondo i dettami della  Costituzione italiana e 
 paramafiosa perché non è previsto che all'interno di una pubblica amministrazione 
o spazio a direzione privata operi a tutti i livelli  una consorteria che faccia pratica di 
razzismo travalicando tutte le leggi vigenti.
Nell'ambito scolastico Dirigenti ed Ispettori spesso non svolgono le loro funzioni
"super partes", quali funzionari obiettivi ed imparziali di uno Stato democratico.
Il mobbing è quella pratica vergognosa consistente nella inquietante,coalizzata e sistematica 
persecuzione che un piccolo gruppo (un capo, i colleghi, l'azienda) realizza ai danni di una 
persona nei luoghi di lavoro, sentita come un intruso da distruggere totalmente, minandone
 la salute psichica ed intaccandone l'autostima fino a farla giungere alla soglia del suicidio.
Il problema rivela la sua miucidiale virulenza soprattutto nell'ambito scolastico, ove impera 
del resto il vergognoso fenomeno del nonnismo e il non intervento per il ripristino
della legge e del rispetto della dignità umana da parte di Dirigenti che,molte volte, operano in
 combutta con altri insegnanti o genitori. Andazzo che sa di una vergogna infinita in un contesto
 ove dovrebbero essere rispettati i principi e le leggi basilari di una vera democrazia per una 
solida ed efficace  tutela della dignità e della libertà della persona umana. (A. Sandron)
La prassi e le strategie adottate dai mobbers si possono riassumere nei seguenti punti:
1)  Applicano un mobbing violento, feroce e discriminatorio, operando spesso in gruppo;
2)  Demonizzano fino all'inverosimile l'insegnante da colpire, parlandone con altre persone, 
     come   se fosse un mostro;
3)  Ne gonfiano esageratamente qualche aspetto del carattere e del comportamento che non viene
     condiviso e ne enfatizzano qualche lieve manchevolezza, come se fosse un delitto grave;
4)  Gli attribuiscono delle manchevolezze che essi hanno commesso o hanno inventato, distorcendo
     totalmente la realtà dei fatti;
5)  Lo fanno apparire come un "bruto", che non rispetta i principi della morale, della democrazia e 
     dei diritti umani;
6) Gli negano la funzione professionale rubandogli lo spazio gestionale e d'interrelazione con 
    qualsiasi persona, facendolo apparire come inadatto all'insegnamento,spreparato e, nei casi 
    peggiori, come un matto;
7)  Sfruttano ogni bugia e sospetto ambiguo per accusare il malcapitato di turno e spesso 
     mobilitano la Stampa per creargli intorno un ambiente di odio,coinvolgendo altre 
     persone cos  che non conoscono direttamente i fatti;
8)  Motivano le accuse inventate evidenziando il dovere di soccorrere eventuali vittime che
     inventano come esistenti ed in possesso delle migliori qualità del mondo.
9)   Alterano e distorcono qualsiasi legge e norma scolastica pur di realizzare il loro fine criminoso;
10) Cercano quanti più complici razzisti possibili pur di raggiungere il loro fine e, quindi, negano
      alla vera vittima di poter contare su dei testimoni,ricorrendo alle menzogne più mostruose per
      far restare in piedi le loro montature e per negare il loro razzismo e la loro congenita disonestà.

 

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